Il patto di non concorrenza può essere una tutela per il Club Manager di un Centro. Come scriverlo e quali errori non commettere.
Molte volte i Club Manager si chiedono se è possibile difendere il proprio Centro dagli attacchi della “concorrenza”.
A tal proposito una delle domande più frequenti è: “Posso inserire nel contratto sportivo dei miei collaboratori il divieto di concorrenza?”
Se anche tu ti sei già posto questo interrogativo quest’articolo fa al caso tuo!
Partiamo dalle basi: il dipendente, nello svolgimento del lavoro subordinato, ha l’obbligo di non trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con il centro, né può divulgare notizie attinenti all’organizzazione o farne uso per poterle recare pregiudizio. Il riferimento giuridico è dato dall’Art. 2105 del c.c e i principi più generali di correttezza e buona fede ex Artt. 1175 e 1375 c.c.
Che cos’è il patto di non concorrenza?
E’ un accordo volontario a prestazioni corrispettive con forma scritta.
Come concordare il patto di non concorrenza con il dipendente o collaboratore
Chiariamo ora nel dettaglio quali sono le attività che il tuo dipendente o collaboratore non potrà svolgere una volta cessato il rapporto di lavoro. Le limitazioni che puoi applicare all’attività dell’ex dipendente sono:
1.territoriali (in un determinato territorio);
2.temporali (Per certo un periodo di tempo);
3.In riferimento a mansioni prestabilite.
Tutte queste limitazioni dovranno essere rispettate a fronte dell’erogazione di una certa somma, ovvero il corrispettivo di patto.
Quando può essere stipulato il patto di non concorrenza?
Il patto di non concorrenza può essere stipulato:
- All’atto della costituzione del contratto di lavoro;
- Mentre il rapporto di lavoro è in corso di svolgimento;
- In prossimità della sua cessazione, ovvero anche dopo tale momento.
Alcune cose da tenere in considerazione nella scrittura del patto di non concorrenza
Occhio alla durata da stabilire! Infatti, seppur può essere liberamente scelta dalle parti, non potrà superare i cinque anni per i dirigenti, i tre anni per quadri, impiegati e operai.
Fai attenzione al fatto che nel caso di controversia il giudice potrebbe ritenere la durata concordata, dove essa non trovi adeguato bilanciamento anche nel rispetto dei limiti previsti, all’attività residua e al corrispettivo erogato da parte dell’ex datore di lavoro.
Il corrispettivo perchè venga ritenuto congruo dev’essere legato all’effettiva portata delle limitazioni delle quali il lavoratore si è volontariamente fatto carico. Il suo importo quindi deve necessariamente essere legato, in misura direttamente proporzionale:
- alla retribuzione che era normalmente percepita dal lavoratore, e quindi alle mansioni da questi disimpegnate;
- all’estensione territoriale del vincolo. Per esempio ben diverso è limitare la futura possibilità attività alla sola provincia di Pisa, altra cosa è estendere tale vincolo a tutta la Regione Toscana;
- alla durata temporale del vincolo: pensiamo ad un vincolo con durata a di due mesi rispetto a uno di durata triennale;
- all’ampiezza dell’oggetto: il compenso dovrà essere tanto più elevato quanto maggiore sarà la concreta compressione delle possibili attività lavorative residue, pensa al divieto di fare l’istruttore di sala o quello di non fare corsi di GAG.
Per farti un esempio: è impossibile limitare le attività di un proprio ex-dipendente come “istruttore” come non è possibile che questi non possa più esercitare la propria attività in Italia.
Luca Mattonai, Tributarista e Presidente ASI Toscana